A quarantotto ore dalle elezioni regionali di Lazio e Lombardia arriva sul Pd l’ennesima batosta giudiziaria: l’arresto di Cozzolino non è un semplice caso, uno dei tanti nel Pd.
Cozzolino rappresenta l’eredità del PCI nel partito democratico, ma non solo. E’ l’eredità del bassolinismo, il riferimento in Europa del Pd campano. E infatti, solo pochi mesi fa, il sindaco di Napoli Manfredi ha nominato Cozzolino nella commissione per il PNRR. In pieno “Qatargate”, Cozzolino è stato messo con le mani nella stanza dei bottoni. Tradotto in soldoni, PNRR significa fondi, soldi, finanziamenti, appalti. Una nomina del genere avrà avuto il placet del Presidente De Luca, azionista di maggioranza dell’amministrazione comunale e di tutto il Pd.
L’arresto di Cozzolino è un’accusa al sistema di potere dei dalemiani in Campania ed allo stesso Pd oltre ad avere risvolti nel Partito socialista europeo.
L’accusa di antieuropeismo che la sinistra sventola contro i governi chiamati spregiativamente sovranisti si sgretola dinnanzi a tutto quanto si legge in questi giorni. Stando alle accuse, ed alle confessioni dei politici coinvolti, taluni deputati del partito socialista europeo peroravano gli interessi dei Paesi extracomunitari in cambio di denaro.
E’ chiaro che si tratta di accuse, ma emerge dalle cronache un quadro squallido, un sottobosco di corruttele, di rapporti inquinati, di malversazioni. Erano proprio gli europeisti che sabotavano l’Europa dall’interno.
D’altronde che l’Europa fosse più simile ad un simulacro per nascondere gli interessi si alcuni Stati e consorterie finanziarie lo si era capito da tempo. L’asse tra i deboli presidenti francese e tedesco per colonizzare l’Ucraina mina alle fondamenta l’istituzione europea ed è encomiabile lo sforzo del Governo Italiano di portare una visione autenticamente comunitaria tra le lobbies e gli interessi di Francia e Germania.
Lezioni di europeismo dai socialisti italiani ed europei non saranno più credibili men che meno lezioni morali. La puzza sotto al naso è il loro stesso olezzo e la stampa, prezzolata per quanto sia, non può più far finta di niente.
Eppure, in Italia l’attenzione della stampa continua a concentrarsi su questioni secondarie, i militanti della cronaca asservita addirittura rilanciano sul festival di Sanremo. Si scrive e si discute ovunque delle accuse di razzismo di una ricca atleta italiana, si riportano le farneticazioni di un rapper viziato che vive nel lusso sfrenato e che lancia ancora appelli per la vendita delle canne al supermarket, si propaganda la fluidità sessuale.
Tutta roba trita e ritrita propinata coattivamente agli italiani che pagano il canone nelle bollette lacrime e sangue. L’omaggio arrangiato alla Costituzione italiana portato da Benigni non poteva avere alcun risvolto oltre al mezzo sorriso del Capo dello Stato, ma sarebbe stato utile, visto che c’era, fare un appello alla realizzazione concreta dei principi enunciati nella Carta: la Repubblica fondata sul lavoro e non sull’assistenza, per dirne una.
Anzi, il festival ha mostrato persino mancanza di rispetto al Capo dello Stato. La Ferragni se ne è uscita con un abito che riportava stampate le sue tette, uno dei cantanti ha sfondato la scenografia in preda ad uno scatto di follia.
Ma se la stampa avrà ipnotizzato gli italiani lo vedremo domani sera quando più di dodici milioni di elettori, fetta importante di opinione pubblica, si esprimerà liberamente.