Biden e Ursula Vor Der Leyen molto più pericolosi di Renzi, Calenda e Letta
Ancora qualche ora e questa insolita campagna elettorale sarà finita. Cosa resta, tolti gli insulti e il livore vomitato sui social e gli strepitii lanciati nei salotti televisivi, dove onorevoli (poco onorevoli) e giornalisti “molto pennivendoli” hanno dato il peggio di loro stessi. Colpa solo degli impietosi sondaggi che li vedrebbero sconfitti? (Il condizionale è d’obbligo). Questo lo intuiremo solo all’alba di lunedì 26.
Alla fine della fiera resta sicuramente la sensazione che tutto, forse, sarà stato inutile.
Due infatti, nella sostanza gli indicatori che ci portano a tale deduzione. Uno, quello nostrano, di poco conto, che risiede nell’abilità dei trasformismi di Matteo Renzi e Carlo Calenda che, a poche ore dal voto, “minacciano” di cercare alleanze in Parlamento qualora ci fossero i numeri. E questo, a campagna elettorale ancora aperta.
Taluni atteggiamenti la dicono lunga sui soggetti in questione. Il primo è senza dubbio quel Renzi che “…. Se perdo il referendum mi ritiro dalla politica”e l’altro, il “draghiano senza più Draghi”, nipote di Luigi Comencini, quel Carlo Calenda che appena tre mesi fa sbraitava di non voler avere nulla a che fare con lo smemorato di Rignano. I due sembrano aver dato vita a una riedizione di “Gianni & Pinotto 2.0”.
Archiviata anzitempo anche la posizione dell’altro “nipote”, quello idiota dello “zio Gianni”. Il “francese”. Sembra infatti che si dimetterà da segretario del partito entro e non oltre le 11 e 30 di lunedì 26 settembre. Resta in gioco, ma limitatamente al sud (Puglia. Campania e Calabria) il solo “Giuseppi”, l’avvocato del popolo. Quel Popolo che, se non fosse per “il voto di scambio legalizzato”, leggasi RdC, gli avrebbe già revocato il mandato da un pezzo.
Giochi fatti allora. Vince il centro destra e tutti a casa. Niente affatto. Ci eravamo dimenticati di essere un Paese eterodiretto. Non hanno tardato infatti ad arrivare sibilline le parole di Biden e di Ursula “border line”. Washinton e Bruxelles entrano a gamba tesa a poche ore dal voto nel silenzio assordante del “main steam” italiota. Per la serie: “A stato Putin !”
Apre il presidente USA che dichiara: “Prenderemo le misure al nuovo premier italiano, che comunque resterà nell’alveo atlantista” (leggasi NATO). A poche ore di distanza gli fa eco Ursula Von Der Leyen, presidente della Commissione Europea che durante un meeting all’Università di Princeton nel New Jersey ribadisce: “Abbiamo strumenti a disposizione per intervenire nel caso in cui le cose prendano una direzione indesiderata come in Ungheria o Polonia”, rispondendo ad uno studente che Le chiedeva del voto italiano.
A nulla sono servite le “toppe” del portavoce della Commissione Europea Eric Mamer durante la pausa pranzo, fra un hamburger e un’insalata di pollo presso la sala stampa a Bruxelles: …“La Vor Der Leyen non intendeva intromettersi”.