Non c’è traccia di un’analisi del voto seria. Di quelle fatte sui numeri e sulle fasce sociali di riferimento. Ognuno tira acqua al suo mulino, acqua torbida inquinata da propaganda. La politica è stata ridotta ad una partita di pallone, animata da tifoserie e da giornalisti (pseudo) a fare da capi ultras col megafono in mano.
Una volta i partiti facevano l’analisi del voto nelle cosiddette sezioni ed i segretari che avevano perso si dimettevano o venivano costretti a farlo.
Anche se le comunali nelle grandi città offrono un quadro più politicizzato, si tratta pur sempre di amministrative. Nessuno si sofferma sul trend elettorale.
La vittoria del centrodestra in Calabria è passata in sordina. Eppure, l’Italia è governata al nord solo dal centrodestra. Al centro, Salvini e Meloni governano l’Umbria e le Marche, al Sud il centrodestra l’Abruzzo, il Molise, la Sicilia, la Sardegna, la Basilicata ed in ultimo la Calabria. Dalle elezioni politiche del 2018, le regioni italiane in mano al centrodestra sono più che raddoppiate. E’ un trend rappresentativo perché alle politiche si sommano i voti di tutta la Penisola, non solo delle grandi città.
Sono rimaste al centrosinistra, la Toscana, l’Emilia Romagna e la Puglia ma solo grazie al carisma dei governatori Bonaccini, De Luca ed Emiliano che però vincono marciando pure sul “loro” Pd.
Dunque il centrodestra conferma il trend delle regionali, ma alle redazioni dei giornali pare non interessare. In pratica, il centrodestra ha la maggioranza
dei delegati regionali.
Il M5S che invece è maggioranza relativa in Parlamento, non governa nessuna regione italiana ed ha perso Roma e Torino. I grillini non guidano nessuna grande città. Le ultime elezioni sono state un bagno di sangue. Davanti ai parlamentari grillini c’è un fosco orizzonte. Se si votasse domani, sarebbero assicurate solo le poltrone dei big, alcuni al terzo mandato. Ma quello sui due mandati è un capitolo che i post grillini non possono aprire ora. Un bagno di sangue alla volta.
Si parla della vittoria del centrosinistra.
Ha vinto a Bologna, dove non ha mai perso contro il centrodestra. A Milano aveva un forte sindaco uscente. Ha riconquistato Napoli dove ha stravinto.
Ma come per Bologna, neanche all’ombra del Vesuvio c’è mai stato un sindaco di centrodestra. Nemmeno durante l’epopea berlusconiana.
Il centrodestra locale non ha classe dirigente credibile, quello nazionale ha lasciato Napoli al proprio tragico destino: tenetevi De Luca, De Mita, Mastella e capibastone del Pd che però arretra ad ogni elezione.
La candidatura di Maresca è nata tardi e senza entusiasmo. Il Pm è apparso un pesce fuor d’acqua. A Napoli, La fama di giustiziere è apparsa un azzardo. Ci si dovrebbe interrogare sul dato elettorale basso per un magistrato che arresta i camorristi in una città umiliata, a tratti governata, da decine di clan.
Poi c’è una caterva di errori. Dapprima Maresca non voleva i partiti, giustamente terrorizzato dalla melma che poteva ritrovarsi nelle liste, poi li ha accettati. Nel frattempo, c’era stata già la transumanza di portatori di voti dal centro (del centrodestra) verso Manfredi. Tutti arruolati: pseudo centristi, gente che stava con De Magistris, ex di forza Italia. La lista “Azzurri” è un gruppo di ex di Forza Italia animati dai Cesaro. Se De Luca alla Regione ha cucinato il fritto di paranza, Manfredi ha vinto con la “ricotta”. Il “modello De Luca” è un coacervo di liste civiche e di transfughi.
Come se non bastasse, il centrodestra ha dato pessimo spettacolo; candidati che si sono picchiati e liste sparite. I dirigenti leghisti di Napoli non hanno saputo presentare la lista.
A Caserta invece la nuova Lega rifondata dal candidato sindaco Giampiero Zinzi ha trainato la coalizione al ballottaggio contro la corazzata elettorale del sindaco uscente.
Archiviato il centrodestra, nemmeno il Pd può gioirsi del 12 % a Napoli.
Si limita a festeggiare le vittorie di De Luca. Applaude al nuovo laurismo.
Ma c’è poco da stare allegri. De Luca ha rimarcato che la sinistra in città ha il 22%. Senza di lui non esiste. Il Pd arretra perché è divenuto liquido ed elitario. Ha perso il sostegno dei corpi intermedi, come i sindacati, che sono ormai più simili a società commerciali con i propri CAF. Le sezioni di partito sono locali vuoti.
I democrat potrebbero gioire solo a Benevento perché hanno costretto Mastella ad andare al ballottaggio. Ma questa è la solita barzelletta campana. Il sindaco Mastella dato per vincitore a casa sua, va al ballottaggio contro il Pd, con il quale però è alleato a Napoli ed alla Regione.
E veniamo agli ex o post grillini. Se in Campania, il centrodestra deve dolersi con tutto il cuore dei suoi peccati, ai cinquestelle non resta che recitare l’eterno riposo. A Napoli sono irrilevanti. Alle ultime regionali passarono dal 50% delle politiche al 12%. Trentotto punti in meno.
Con le ultime amministrative, sono praticamente col piede nella fossa: sbranati dal Pd che è già passato alla digestione. Accade sempre. Chi entra nella gabbia finisce male.
Dapprima ti annusano, poi ti leccano, infine ti sbranano.
A Roma hanno massacrato la Raggi, sbattendola fuori dal Comune mentre a Napoli i cinquestelle hanno fatto da tappeto al candidato del Pd.
Gualtieri a Roma dice che non metterà in giunta i cinquestelle, ma poi dichiara che la Raggi ha fatto qualcosa di buono.
Bastone e carota come con gli asini.
I grillini votano i candidati del Pd, ma non accade il contrario. Stanno insieme, ma gode solo il Pd.
Questa è la grande strategia politica di Conte.
Eppure i big post grillini, sono corsi tutti a fare la foto al neosindaco Manfredi, insieme a De Luca che non perde occasione metterli alla berlina. Hanno lasciato la Raggi nella sua solitudine. Resteranno solo le foto. Pure in Campania stanno scomparendo, e se non fosse per il reddito di cittadinanza, sarebbero già dissolti. I dati sono spettrali. A Napoli hanno preso il 9 %. Sono dietro al Pd, a Forza Italia, a Fratelli d’Italia. Il risultato di Napoli è pure “drogato” dagli oltre mille voti presi dall’ex assessore di De Magistris, Ciro Borriello. Un acquisto dell’ultima ora. Borriello è stato in giunta cinque anni con il vicesindaco Alessandra Clemente, poi si è candidato contro.
Ad Afragola, dove i cinquestelle vantano due deputati locali (l’ex ministro Spadafora e Iolanda Di Stasio), hanno preso il 4.4 %, stavolta hanno superato i dem, ma sono fuori dal ballottaggio. La presenza di Conte, Di Maio, Spadafora non ha prodotto nulla. Piazza piena (nelle foto) ed urne vuote, diceva Nenni.
A Caserta, i cinquestelle non hanno presentato la lista. A Santa Maria Capua Vetere, nel casertano, hanno preso un misero 5%. A Benevento, contro Mastella nemmeno si sono presentati mentre a Salerno e provincia in media hanno preso il 4 % (il 3% a Battipaglia, il 4,5% a Eboli). Ma festeggiano al loro funerale.