I
videogiochi si stanno facendo strada sempre con più prepotenza all’interno del panorama dell’intrattenimento. Le mode a riguardo si moltiplicano: dalle sfide online, alle competizioni dal vivo al gioco di ruolo.
Demonizzarli tuttavia non serve, nonostante la dimostrazione di alcune ricerche che indicano come soggetti già PREDISPOSTI, possano manifestare comportamenti violenti o causare dipendenza (si parla di ore e ore passati davanti al medium, in continuità e con pochissime pause per arrivare alla definizione di “game addiction” voluta dalla OMS).
Si è visto che i videogame migliorano le capacità cognitive:
- Uno studio effettuato all’università di Rochester ha dimostrato che giocare a videogiochi d’azione porta gli utenti a prendere decisioni più velocemente e con più dinamismo nella vita reale. Il cervello infatti si abitua a ragionare su più informazioni contemporaneamente. Prendiamo, per esempio, Call of Duty. Il gameplay non è particolarmente complesso, eppure, persino nella sua semplicità fa sì che il giocatore debba riflettere velocemente sull’ambiente circostante, sulla minimappa, sulle munizioni, sulle armi da utilizzare, ripari e minacce. Un bel po’ di cose tutte insieme.
- Altre ricerche portano alla luce importanti statistiche sulla relazione tra videogiochi e bambini. Oggi quasi tutti i bambini utilizzano i videogiochi. La maggior parte di essi lo fa in compagnia di altri, attraverso competizioni casalinghe o semplicemente giocando “a turno” mentre si parla. Inoltre, quasi tutti parlano delle loro esperienze virtuali a scuola, rendendo i giochi un ottimo strumento di socializzazione.
Qual è quindi l’aspetto positivo di questi videogiochi? È la tridimensionalità dei giochi a potenziare l’orientamento, i giochi strategici li aiutano a sviluppare la capacità di “problem solving”, e quelli violenti danno una spinta alla creatività. Giochi semplici (tipo Angry Birds) portano invece benefici all’umore ed essere battuti in gioco comporta un rafforzamento della capacità di superare le difficoltà anche nella vita, migliorando pertanto le capacità di socializzazione.
I multiplayer games, che prevedono partecipazioni da qualsiasi posto, infine, creano social-communities, mettendo in discussione l’altro stereotipo: l’isolamento sociale.
Ci sono dipendenze anche da Internet e dalla TV, ma non per questo si distruggono tutti i pc e le televisioni. Come ogni cosa, i videogiochi potrebbero avere una potenziale connotazione negativa, ma ciò non significa che bisogna eclissarne quella positiva. Le conseguenze negative sono “potenziali”, il che significa che potrebbero manifestarsi, ma non è detto.
Dipende dall’utente che ne fruisce e non dal gioco in sé.
Oggi i videogiochi fanno parte della cultura, al pari di altri media. Ogni gioco è la proiezione della nostra società: bisogna pensare a loro come una potenziale ricchezza da usare per migliorare i contesti sociali in cui viene fruito.
Dedicatevi del tempo. Prendetevelo con la forza.
Non ve ne pentirete, perché come affermò Daniel Pennac: “Un libro ben scelto ti salva da qualsiasi cosa, persino da te stesso.”